I DOACs (Direct Oral AntiCoagulants) rappresentano ad oggi la soluzione terapeutica ottimale nel trattamento e nella prevenzione di eventi cardio-tromboembolici, determinando un approccio più vantaggioso rispetto a quello della terapia con antagonisti della vitamina K, sia in termini di efficacia ma soprattutto in termini di sicurezza.
Dal punto di vista clinico, ricopre grande importanza la necessità di individuare la terapia più giusta a seconda delle caratteristiche intrinseche del paziente.
Pertanto, negli ultimi anni si è cercato di comprendere quale tra queste molecole presentasse il rapporto rischio/beneficio più vantaggioso rispetto alle indicazioni per le quali sono state approvate.
Tuttavia, ad oggi non esistono studi di confronto diretto tra i DOACs, ma solo metanalisi e network metanalisi di confronto indiretto, che non possono però essere utilizzate per trarre informazioni conclusive sulle differenze in termini di efficacia e sicurezza tra le opzioni terapeutiche a disposizione, in quanto non metodologicamente corrette (negli studi di registrazione delle 4 singole molecole; Dabigatran, Rivaroxaban, Apixaban e edoxaban erano diverse le popolazioni arruolate, diverse le definizioni di endpoint, ecc..).
Per supplire alla carenza di queste informazioni, sono state pubblicate numerose analisi di “real-world” nazionali ed internazionali, ottenendo così informazioni più conformi alla pratica clinica quotidiana.
In particolare, questo articolo commenta un recente paper1 pubblicato sul Journal of Clinical Medicine che fornisce uno spaccato della realtà italiana utilizzando dati derivati dalle schede di segnalazione di reazioni avverse (ADR, adverse drug reaction) che l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) mette a disposizione tramite la rete nazionale di farmacovigilanza.
Le ADR sono state suddivise in: ADR gravi, gastrointestinali (ADR GI) e emorragie intracraniche (ICH) per l’arco temporale che va dal 2017 al 2021.
Una volta raccolte queste informazioni, è stato considerato anche il tasso di utilizzo di ciascun DOAC nello stesso periodo di analisi, al fine di calcolarne l’indice di rischio (IR).
I valori che l’IR può assumere sono positivi, mostrando un miglior profilo di sicurezza per valori tendenti allo 0.
Lo scopo di questo studio è sicuramente quello di analizzare il profilo di sicurezza dei DOACs, riportandone i tassi di ADR generali e normalizzati con il tasso di impiego.
Da questa ricerca sono emerse 6245 segnalazioni di reazioni avverse gravi associate all’utilizzo dei DOACs, anche se il numero totale delle ADR è progressivamente diminuito nel corso degli anni.
Durante l’intero periodo di osservazione, dabigatran è risultato essere il principio attivo con il più alto IR, sempre >1, seguito da edoxaban con IR vicino all’1, apixaban e rivaroxaban sempre associati ad IR<1, indicandone un miglior profilo di sicurezza.
L’ADR più comunemente riportata per rivaroxaban è stata quella relativa alle epistassi nasali, per apixaban, così come per edoxaban anemia e epistassi nasali, mentre per quanto riguarda dabigatran, l’ADR più comunemente riportata è stata quella gastrointestinale.
Un dato interessante è quello inerente le emorragie intracraniche. Già nei trial registrativi i DOACs avevano dimostrato una riduzione significativa rispetto al coumadin di questo evento drammatico e tale risultato è stato poi confermato da tutte le più importanti analisi di dati di real life e dai dati delle valutazioni delle ADR riportati in questo lavoro e nei lavori pubblicati precedentemente dallo stesso database del sito dell’AIFA .
Nella definizione di ADR ICH sono state accorpate tutte le diciture riportate dai clinici che segnalavano tale evento avverso; ad esempio: emorragia cerebrale, subaracnoidea, intracranica, cerebellare, ictus emorragico, edema cerebrale, ematoma cerebrale.
Come si osserva in FIG.1 l’Indice di rischio per questa ADR grave è sempre stato associato a valori < 1 per rivaroxaban , mentre per dabigatran a valori > 1. Per quanto riguarda apixaban ed edoxaban l’IR ha mostrato valori variabili al di sopra ed al di sotto dell’1 nell’arco dei 5 anni di osservazione.
Focalizzando l’attenzione al periodo di osservazione 2019-2021, i tassi di ADR ICH tra rivaroxaban e edoxaban, rivaroxaban e dabigatran, o apixaban e dabigatran non mostravano differenze significative, ma apixaban è stato associato a un tasso significativamente superiore di ADR ICH rispetto a rivaroxaban (p-value=0.022).
Per quanto riguarda le emorragie gastrointestinali racchiuse nella definizione di “ADR GI”, durante l’intero periodo di osservazione, sia apixaban che rivaroxaban hanno mostrato tassi di IR inferiori all’unità, 0.7 e 0.76 rispettivamente, al contrario di edoxaban e dabigatran che presentavano valori di IR>1. Dabigatran, inoltre è stato associato a tassi di ADR GI più alti quando confrontato con le altre molecole. FIG. 2.
Concludendo, quest’analisi osservazionale dei tassi di ADR degli ultimi 5 anni sul territorio italiano, conferma il profilo favorevole di sicurezza dei DOACs, indicando la peculiarità di ogni molecola e confermando quanto emerso dalle precedenti pubblicazioni. Nonostante alcune limitazioni metodologiche chiaramente evidenziate dagli stessi Autori, questo studio ci fornisce un quadro completo dell’attuale pratica anticoagulante italiana con i DOAC: preziose informazioni dal mondo reale che ci permetteranno di trattare sempre meglio i nostri pazienti.
A cura del:
Dott. Javier Rosada
Direttore UOS Medicina Livorno
presso Azienda Sanitaria Toscana Uslnordovest
BIBLIOGRAFIA
- Lavalle et al. Five Years of Direct Oral Anticoagulants Use in Italy: Adverse Drug Reactions from the Italian National Pharmacovigilance Network. J. Clin. Med. 2022, 11, 3207.